| Paradiso, XXVIII, 13-45
I nove cori angelici come circoli attorno al punto divino
E com'io mi rivolsi e furon tocchi li miei da ciò che pare in quel volume, quandunque nel suo giro ben s'adocchi, un punto vidi che raggiava lume acuto sì, che 'l viso ch'elli affoca chiuder conviensi per lo forte acume: e quale stella par quinci più poca, parrebbe luna, locata con esso come stella con stella si colloca. Forse cotanto quanto pare appresso alo cigner la luce che 'l dipigne, quando 'l vapor che 'l porta più è spesso, distante intorno al punto un cerchio d'igne si girava sì ratto, ch'avria vinto quel moto che più tosto il mondo cigne. E questo era d'un altro circuncinto, e quel dal terzo, e 'l terzo poi dal quarto, dal quinto il quarto, e poi dal sesto il quinto. Sopra seguiva il settimo sì sparto già di larghezza, che 'l messo di Iuno intero a contenerlo sarebbe arto. Così l'ottavo e 'l nono; e ciascheduno più tardo si movea, secondo ch'era in numero distante più da l'uno; e quello avea la fiamma più sincera cui men distava la favilla pura, credo, però che più di lei s'invera. La donna mia, che mi vedea in cura forte sospeso, disse: "Da quel punto depende il cielo e tutta la natura. Mira quel cerchio che più li è congiunto; e sappi che 'l suo muovere è si tosto per l'affocato amore ond'elli è punto".
Paradiso, XXVIII, 46-57
Difficoltà di Dante sulla corrispondenza dei cori angelici con i cieli
E io a lei: "Se 'l mondo fosse posto con l'ordine ch'io veggo in quelle rote, sazio m'avrebbe ciò che m'è proposto: ma nel mondo sensibile si puote veder le volte tanto più divine, quant'elle son dal centro più remote. Onde, se 'l mio disio dèe aver fine in questo miro e angelico templo che solo amore e luce ha per confine, udir conviemmi ancor come l'essemplo e l'essemplare non vanno d'un modo, chè io per me indarno a ciò contemplo".
Paradiso, XXVIII, 58-87
Spiegazione di Beatrice sulla proporzione del moto dei cori con il moto dei cieli
"Se li tuoi diti non sono a tal nodo sufficienti, non è maraviglia; tanto, per non tentare, è fatto sodo!". Così la donna mia; poi disse: "Piglia quel ch'io ti dicerò, se vuo' saziarti; ed intorno da esso t'assotiglia. Li cerchi corporai sono ampi e arti secondo il più e 'l men de la virtute che si distende per tutte lor parti. Maggior bontà vuol far maggior salute; maggior salute maggior corpo cape, s'elli ha le parti igualmente compiute. Dunque costui che tutto quanto rape l'altro universo seco, corrisponde al cerchio che più ama e che più sape. Per che, se tu a la virtù circonde la tua misura, non a la parvenza de le sustanze che t'appaion tonde, tu vedrai mirabil consequenza di maggio a più e di minore a meno, in ciascun cielo, a sua intelligenza". Come rimane splendido e sereno l'emisfero de l'aere, quando soffia Borea da quella guancia ond'è più leno, per che si purga e risolve la roffia che pria turbava, sì che 'l ciel ne ride con le bellezze d'ogni sua parroffia; così fec'io, poi che mi provide la donna mia del suo risponder chiaro, e come stella in cielo il ver si vide. E poi che le parole sue restaro, non altrimenti ferro disfavilla che bolle, come i cerchi sfavillaro. L'incendio suo seguiva ogni scintilla; ed eran tante, che 'l numero loro più che 'l doppiar de li scacchi s'immilla. Io sentiva osannar di coro in coro al punto fisso che li tiene a li ubi, e terrà sempre, ne' quai sempre fuoro.
Paradiso, XXVIII, 88-96
Canto degli angeli
E poi che le parole sue restaro, non altrimenti ferro disfavilla che bolle, come i cerchi sfavillaro. L'incendio suo seguiva ogni scintilla; ed eran tante, che 'l numero loro più che 'l doppiar de li scacchi s'immila. Io sentiva osannar di coro in coro al punto fisso che li tiene a li ubi, e terrà sempre, ne' quasi sempre fuoro.
Paradiso, XXVIII, 97-129
Classificazione dei cori angelici
E quella che vedea i pensier dubi ne la mia mente, disse: "I cerchi primi t' hanno mostrato Serafi e Cherubi. Così veloci seguono i suoi vimi, per somigliarsi al punto quanto ponno; e posson quanto a veder sublimi. Quelli altri amor che dintorno li vonno, si chiaman Troni dal divino aspetto, per chè 'l primo ternaro terminonno. E dèi saper che tutti hanno diletto, quanto la sua veduta si profonda nel vero in che si queta ogni intelletto. Quinci si può veder come si fonda l'esser beato ne l'atto che vede, non in quel ch'ama, che poscia seconda: e del vedere é misura mercede, che grazia partorisce e buona voglia: così di grado in grado si procede. L'altro ternaro, che così germoglia in questa primavera sempiterna che notturno Ariete non dispoglia, perpetualmente 'Osanna' sberna con tre melode, che suonano in tree ordini di letizia onde s'interna. In essa gerarcia son l'altre dee: prima Dominazioni, e poi Virtudi; l'ordine terzo di Podestadi ée. Poscia ne' due penultimi tripudi Principati e Arcangeli si girano: l'ultimo è tutto d'Angelici ludi. Questi ordini di su tutti s'ammirano, e di giù vincon sì, che verso Dio tutti tirati sono, e tutti tirano.
Paradiso, XXIX, 31-69
Gli Angeli buoni e quelli ribelli
"Concreato fu ordine e costrutto a le sustanze; e quelle furon cima nel mondo in che puro atto fu produtto; pura potenza tenne la parte ima; nel mezzo strinse potenza con atto tal vime, che già mai non si divina. Ieronimo vi scrisse lungo tratto di secoli de li angeli creati anzi che l'altro mondo fosse fatto; ma questo vero é scritto in molti lati da li scrittor de lo Spirito Santo; e tu te n'avvedi, se bene agguati; e anche la ragione il vede alquanto, che non concederebbe che i motori sanza sua profezion fosser cotanto. Or sai tu dove e quando questi amori furon creati e come; sì che spenti nel tuo disio già sono tre ardori. Né giugnerìesi, numerando, al venti sì tosto, come de li angeli parte turbò il suggetto de' vostri elementi. L'altra rimase, e cominciò quest'arte che tu discerni, con tanto diletto, che mai da circuir non si diparte. Principio del cader fu il maledetto superbir di colui che tu vedesti da tutti i pesi del mondo costretto. Quelli che vedi qui furon modesti a riconoscer sé da la bontade che li avea fatti a tanto intender presti; per che le viste lor furo esaltate con grazia illuminante e con lor merto, sì c'hanno ferma e piena volontate. E non voglio che dubbi, ma sie certo che ricever la grazia é meritorio, secondo che l'affetto l'è aperto. Omai dintorno a questo consistorio puoi contemplare assai, se le parole mie son ricolte, sanz'altro aiutorio".
Paradiso, XXIX, 70-84
Errore di chi insegna esservi negli angeli memoria
"Ma perché in terra per le vostre scole si legge che l'angelica natura é tal, che 'ntende e si ricorda e vole ancor dirò, perché tu veggi pura la verità che là giù si confonde, equivocando in sì fatta lettura. Queste sustanze, poi che fur gioconde: de la faccia di Dio, non volser viso da essa, da cui nulla si nasconde: però non hanno vedere interciso da novo obietto, e però non bisogna rememorar per concetto diviso. Sì che là giù, non dormendo, si sogna, credendo e non credendo dicer vero; ma ne l'uno é più colpa e più vergogna".
Paradiso, XXIX, 85-93
Deplorazione delle fazioni filosofiche
"Voi non andate giù per un sentiero filosofando; tanto vi trasporta l'amor de l'apparenza e 'l suo pensiero! E ancor questo qua su si comporta con men disdegno che quando é posposta la divina scrittura, o quando é tòrta. Non vi si pensa quanto sangue costa seminarla nel mondo, e quanto piace chi umilmente con essa s'accosta".
Paradiso, XXIX, 94-126
Contro i predicatori fatui
"Per apparer ciascun s'ingegna e face sue invenzioni; e quelle son trascorse da' predicanti e 'l Vangelo si tace. Un dice che la luna si ritorse ne la passion di Cristo e s'interpuose, per che 'l lume del sol giù non si porse; e mente, chè la luce si nascose da sé; però a l'Ispani e a l'Indi, come a' Giudei, tale eclissi rispuose. Non ha Fiorenza tanti Lapi e Bindi quante sì fatte favole per anno in pergamo si gridan quinci e quindi; sì che le pecorelle, che non sanno, tornan del pasco pasciute di vento, e non le scusa non veder lo danno. Non disse Cristo al suo primo convento: 'Andate, e predicate al mondo ciance'; ma diede lor verace fondamento. E quel tanto sonò ne le sue guance, sì ch'a pugnar per accender la fede de l'Evangelo fero scudo e lance. Ora si va con motti e con iscede a predicar, e pur che ben si rida, gonfia il cappuccio, e più non si richiede. Ma tale uccel nel becchetto s'annida, che se 'l vulgo il vedesse, vederebbe la perdonanza di ch'el si confida; per cui tanta stoltezza in terra crebbe, che sanza prova d'alcun testimonio, ad ogni promission si correrebbe. Di questo ingrassa il porco sant'Antonio, e altri assai che sono ancor più porci, pagando di moneta senza conio".
Paradiso, XXIX, 127-145
Innumerabilità degli Angeli
"Ma perchè siam digressi assai, ritòrci li occhi oramai verso la dritta strada sì che la via col tempo si raccorci. Questa natura sì oltre s'ingrada in numero che mai non fu loquela né concetto mortal che tanto vada: e se tu guardi quel che si rivela per Daniel, vedrai che 'n sue migliaia determinato numero si cela. La prima luce, tutta la raia, per tanti modi in essa si recepe, quanti son li splendori a ch'i s'appaia. Onde, però che a l'atto che concepe segue l'affetto, d'amar la dolcezza diversamente in essa ferve e tepe. Vedi l'eccelso omai e la larghezza de l'etterno valor, poscia che tanti speculi fatti s'ha in che si spezza, uno manendo in sé come davanti".
Paradiso, XXX, 1-15
Scompaiono i cori angelici
"Forse seimila miglia di lontano ci ferve l'ora sesta, e questo mondo china già l'ombra quasi al letto piano, quando il mezzo del cielo, a noi profondo, comincia a farsi tal, ch'alcuna stella perde il parere infino a questo fondo; e come vien la chiarissima ancella del sol più oltre, così 'l ciel si chiude di vista in vista infino a la più bella. Non altrimenti il triunfo che lude sempre dintorno al punto che mi vinse, parendo inchiuso da quel ch'elli 'nchiude, a poco a poco al mio veder si stinse; per che tornar con li occhi a Beatrice nulla vedere ed amor mi costrinse.
Paradiso, XXXI, 1-51
Beati e Angeli nella candida rosa
In forma dunque di candida rosa mi si mostrava la milizia santa che ne' suo sangue Cristo fece sposa; ma l'altra, che volando vede e canta la gloria di colui che la innamora e la bontà che la fece cotanta, sì come schiera d'ape, che s'infiora una fiata e una si ritorna là dove suo labbro s'insapora, nel gran fior discendeva che s'adorna di tante foglie, e quindi risaliva là dove 'l suo amor sempre soggiorna. Le facce tutte avean di fiamma viva, e l'ali d'oro, e l'altro tanto bianco, che nulla neve a quel termine arriva. Quando scendean nel fior, di bianco in bianco porgean de la pace e de l'ardore ch'elli acquistavan ventilando il fianco. Nell'interpori tra 'l disopra e 'l fiore di tanta plenitudine volante impediva la vista e lo splendore; ché la luce divina é penetrante per l'universo secondo ch'è degno, sì che nulla le puote essere ostante. Questo sicuro e gaudioso regno frequente in gente antica ed in novella, viso e amore avea tutto ad un segno. Oh trina luce che 'n unica stella scintillando a lor vista, sì gli appaga! Guarda qua giusto a la nostra procella! Se i barbari, venendo da tal plaga che ciascun giorno d'Elice si cuopra, rotante col suo figlio ond'ella é vaga, veggendo Roma e l'ardua sua opra, stupefacìensi, quando Laterano a le cose mortali andò di sopra; io, che al divino da l'umano, a l'etterno dal tempo era venuto, e di Fiorenza in popol giusto e sano, di che stupor dovea esser compiuto! Certo tra esso e 'l gaudio mi facea libito non udire e starmi muto. E quasi pellegrin che si ricrea nel tempio del suo vòto riguardando, e spera già ridir com'ello stea, su per la viva luce passeggiando, menava io li occhi per li gradi, mo su, mo giù, e mo recirculando. Vedea visi a carità suadi, d'altrui lume fregiati e di suo riso, e atti ornati di tutte onestadi.
Paradiso, XXXII, 100-114
L' arcangelo Gabriele
"O santo padre, che per me comporte l'esser qua giù, lasciando il dolce loco nel qual tu siedi per l'etterna sorte, qual è quell'angel che con tanto gioco guarda ne li occhi la nostra regina, innamorato sì che par di foco?" Così ricorsi ancora a la dottrina di colui ch'abbelliva di Maria come del sole stella mattutina. Ed elli a me: "Baldezza e leggiadria quant'esser puote in angelo ed in alma, tutta è in lui; e sì volem che sia, perch'elli è quelli che portò la palma giuso a Maria, quando 'l Figliuol di Dio cercar si volse de la nostra salma"..
Edited by white_rose - 9/6/2013, 21:49 |
|